È un simbolo dello skyline milanese, è Torre Velasca. Più di un grattacielo storico, unico per architettura e per progettazione. Ventisette piani di cemento armato che si innalzano per 106 metri di altezza e la sua caratteristica forma a fungo. Una delle opere più importanti del dopoguerra, che unisce tradizione e innovazione. Realizzata fra il 1956 e il 1958, si trova nell’omonima piazza seicentesca intitolata al governatore spagnolo Juan de Velasco. A progettare e coordinare i lavori fu un pool di architetti: Banfi, Belgioioso, Peressutti e Rogers realizzarono una struttura moderna ma che si sposasse con le costruzioni tradizionali del centro storico. È chiamata in modo affettuoso il grattacielo con le bretelle, un nomignolo che deriva dalla presenza delle travi sporgenti che ne sorreggono la testa. La Torre è stata protagonista di diversi film, apparendo ne “Il vedovo” di Dino Risi, in “Milano calibro 9” di Fernando Di Leo e in “Durante l’estate” di Ermanno Olmi. A Milano nessun edificio può essere più alto della Madonnina, per tradizione ma anche per una legge degli anni Trenta, oggi superata, ma che fermò l’altezza della Torre Velasca a solo due metri in meno della statua in cima al Duomo. Il grattacielo milanese rappresenta la rinascita, la voglia di ricominciare di una città devastata dai bombardamenti, di una città che guardava al futuro.