Milano la grigia non si concede al primo sguardo. Bisogna aver pazienza, osservare oltre la monotona sfilata di facciate e portoni. Così può capitare di scoprire angoli ancora capaci di raccontare storie. Come nel caso di un cortile in via Mac Mahon al civico 14, dove soffocato tra l’edilizia anni Sessanta resiste impavido uno scampolo del passato: un piccolo borgo di casette in mattoni nato intorno al Mulino della Simonetta oggi scomparso e chiamato così per la vicinanza con la rinascimentale Villa Simonetta. L’ esistenza del mulino (la ruota c’era ancora nel 1935) è testimoniata da un affresco a seppia un po’ ingenuo nell’androne d’ingresso. Lo chiamavano il cortile degli scultori, quando intorno era ancora campagna. Erano botteghe artigiane, soprattutto di marmisti e di decoratori, perché in passato le lastre di pietra arrivavano in città via acqua e proprio sotto al Mulino scorreva un canale. Lavoravano per grandi nomi, come Arturo Martini o Andrea Cascella. C’erano anche uno specialista di gessi e uno sbalzatore in rame, Tettamanti, autore dell’affresco. Una sorta di comunità ideale dove si viveva insieme, ci si aiutava, si pranzava d’estate intorno un gran tavolo sotto il pergolato di vite americana. Così fino agli anni Novanta, quando il proprietario Alberto Alziati decide di restaurare il piccolo complesso. Arrivano allora agenzie di grafica, studi pubblicitari e una galleria d’ arte di fama. Il cortile dà il meglio di sé in primavera, quando è tutto un fiore e un colore, compresi l’ acero, il ciliegio e le piante di banano. Rimangono anche pezzi superstiti di archeologia industriale, come un argano a mano in ferro che serviva per sollevare i blocchi di marmo.