In origine in aperta campagna, nei primi anni del Quattrocento i Visconti scelsero Villa Mirabello come soggiorno estivo e sede per la caccia. Nel 1447, Giovanni Mirabello acquistò la proprietà da Filippo Maria Visconti dando così il proprio nome alla Villa al civico 6 dell’omonima via. Pigello Portinari, nobile fiorentino caro al Principe Sforza, si trasferì a Milano intorno al 1452, su mandato di Cosimo de’ Medici, per assumere la direzione della filiale milanese del Banco Mediceo. Nel 1455, acquistò la proprietà da Giovanni Mirabello con l’intento di “creare in una località amena un complesso a metà tra un casino di caccia e una piccola villa di delizia”. Verso la fine del Quattrocento, la Villa divenne proprietà dei nobili Landriani, fra cui Antonio, tesoriere generale della Zecca di Milano e consigliere ducale di Ludovico il Moro, e il figlio Gerolamo, Generale della Congregazione degli Umiliati, che oltre a farne la sua dimora privata la detenne a uso dell’Ordine. Anni dopo, la Villa fu inventariata tra i beni dell’Ordine degli Umiliati, a cui l’Arcivescovo di Milano Carlo Borromeo sottrasse d’autorità alcuni beni del cospicuo patrimonio destinandoli al sostentamento dei bisognosi. La famiglia Landriani rimase proprietaria di Villa Mirabello per alcune decine di anni, poi passò ai Marino, una ricca casata di origine genovese. Negli anni seguenti la storia della Villa è piuttosto complessa e incerta. Si sa, comunque, che divenne di proprietà della famiglia Serbelloni, illustre ramo patrizio imparentato ai Borromeo, che per oltre duecento anni la convertì a uso agricolo, fino a ridurla a uno stato squallido e fatiscente. Agli inizi del Novecento vennero intrapresi i primi restauri. Nel 1919 la Villa fu venduta all’Opera Pia Casa di Lavoro e Patronato per i ciechi di guerra e venne ampliata con una nuova costruzioneper ospitare giovani ipovedenti e ciechi, reduci dal fronte della prima guerra mondiale. Dal 1946, l’Opera accolse anche i ciechi civili, vittime inconsapevoli degli ordigni di guerra e i ciechi divenuti tali durante il servizio militare in tempo di pace. Verso la metà degli anni Settanta l’attività assunse una fisionomia industriale. Ai classici lavori di piccola cartotecnica e cestinaggio, si aggiunse un’attività di riproduzione su nastro magnetico. Nacque così una vera e propria sala di registrazione, insonorizzata e dotata delle apparecchiature più moderne dell’epoca, in cui venivano incisi su cassetta racconti, novelle e libri di ogni genere. In seguito, furono registrati diversi libri parlati e alcuni caroselli pubblicitari commissionati da diverse case editrici. La presenza dei non vedenti è andata diminuendo progressivamente. Oggi rimangono solo i servizi per il disbrigo delle pratiche burocratiche e alcuni momenti di convivialità, come il Natalino, tradizionale appuntamento del 13 dicembre in occasione della festa di Santa Lucia, patrona dei non vedenti. Il complesso, in mattoni a vista, ha una disposizione a L. L’edificio è fiancheggiato da una piccola chiesa dedicata alla Mater Amabilis. All’esterno, nel centro del chiostro, fa mostra di sé la fontana, detta del Mangia Bagaj, commissionata da Francesco I Sforza. Il giardino è circondato da una siepe sempreverde e popolato da alberi oltre che da un bellissimo kiweto.