Il Palazzo del Capitano di Giustizia è un edificio barocco in piazza Fontana. L’edificio costeggia piazza Beccaria, dove l’attuale Comando centrale della Polizia Locale nacque nel tardo Cinquecento per volere del governatore spagnolo di Milano, Don Gabriel de la Cueva y Girón duca di Albuquerque, e del cardinale Carlo Borromeo. Del progetto originale sono la facciata verso piazza Fontana e la corte centrale, mentre il resto è principalmente frutto degli ampliamenti successivi e delle ristrutturazioni effettuate dall’architetto Piero Portaluppi, dopo i danni riportati durante la Seconda Guerra Mondiale. In antichità, la zona era nota come Pasquirolo, dal pascolo sorto sui resti di edifici romani come le vicine terme Erculee, ed era sede di molte case di meretrici, che nel 1300 vennero cintate da un alto muro, per poi essere sgomberate e abbattute. Al termine della peste nel 1578, il Capitano di Giustizia pensò di trasferire nell’isolato anche il proprio ufficio e le carceri. Il Governatore di Milano stanziò 1.000 scudi d’oro, mentre Borromeo contribuì con 300 scudi. Sotto la direzione dell’architetto Pietro Antonio Barca, l’intero edificio venne costruito in vent’anni. Nel 1603 venne completato anche il portale come ricorda la lapide che lo affianca. Il nuovo edificio avrebbe ospitato il Tribunale, la casa del boia e una prigione nei sotterranei; i lavori furono però più volte sospesi per mancanza di fondi e vennero completati solo nel 1605. La parte posteriore dell’edificio, il lato oggi rivolto verso corso Europa, era circondata da un muro per impedire l’evasione dei detenuti. Il nome ufficiale era Palazzo del Capitano di Giustizia, ma tra i milanesi era noto come Le Carceri Nuove o L’Alberg di do campano ossia l’Albergo delle due campane, facendo riferimento alle celle sotterranee e riferendosi alle due campane, quella dell’accusa e quella della difesa. Tra il 1821 e il 1824, il Palazzo fu teatro dei processi ai Carbonari.
