La Cappellina dei Morti, in piazzale Aquileia 9 accanto alla chiesetta del Fopponino, è del 1640. È una cappella votiva, voluta dalla pietà dei fedeli, che rispecchia ancor oggi la tradizione seicentesca del culto dei morti: contiene, infatti, un piccolo ossario a terra, con in vista alcuni crani e un semplice altarino addossato alla parete di fondo. È chiusa da una grata e all’esterno è sormontata da tre teschi ormai consunti dal tempo, ma dove è ancora leggibile il monito inciso nella pietra: “Ciò che sarete voi noi siamo adesso, chi si scorda di noi scorda se stesso”. Come raccontato da Alessandro Manzoni ne “I Promessi Sposi”, a Milano si visse una delle epidemie più terrificanti della storia: la peste del 1630 avvolse la città in una nube di panico e ogni lato della città fu fornito di un cimitero autonomo. Il Fopponino di Porta Vercellina, che si trovava al di fuori delle mura spagnole, era un antico cimitero. In milanese foppa significa fossa. Infatti la sepoltura dei defunti, fino alla fine del Settecento avveniva in fosse comuni che, in base alle dimensioni, venivano definite fopponini, foppe o fopponi. Il cimitero fu edificato nel 1576, anno della prima grande epidemia di peste che colpì la città. Nel 1882 col nome di Cimitero di Porta Magenta divenne uno dei cinque cimiteri cittadini. Per seppellire i numerosi morti si era reso necessario costruire numerosi Lazzaretti fuori dalle porte della città, ciascuno con il suo cimitero. Al termine delle grandi epidemie furono tutti chiusi tranne quello di Porta Vercellina che rimase in funzione fino al 1895 e quindi chiuso in seguito all’apertura del cimitero Monumentale (1866) e del Musocco (1887). Il camposanto fu definitivamente soppresso nel 1912. Si può ancora vedere quanto resta dell’antico cimitero: alcune delle lapidi che vi sono conservate ricordano i milanesi che vi furono sepolti, alcuni anche illustri come il patriota Amatore Sciesa, lo scenografo Alessandro Sanquirico e il filosofo Melchiorre Gioia. Una lapide posta dalla fondazione Verdi ricorda Margherita Barezzi, prima moglie del Maestro, morta a 36 anni.